Quammen ‘profeta Covid’, avrei preferito sbagliarmi

TORINO – “Io non sono un profeta, avrei preferito sbagliarmi Ma mi aspettavo che arrivasse una pandemia e che fosse simile a questa, gli scienziati lo avevano previsto dieci anni fa”. E’ strapiena di gente al Salone del Libro la sala del Lingotto da cui avviene il collegamento on line con David Quammen, giornalista, saggista e divulgatore scientifico, ma soprattutto suo malgrado ‘profeta del Covid’. Nel suo libro Spillover, pubblicato per la prima volta nel 2012 e da Adelphi nel 2014, Quammen aveva dato l’allarme. “Speravo che il mio libro sarebbe stato un monito, che avrebbe aiutato a evitare quello che è accaduto. Invece si è rivelato un quadro dipinto in anticipo” spiega. “Che cosa non ha funzionato? Era troppo costoso intervenire, sia dal punto di vista economico sia da quello politico. Il mio Paese aveva un presidente narcisista, di cui non voglio neppure ricordare il nome. E’ stato il fallimento di una linea politica e di una leadership politica. Diceva che non era grave, che sarebbe sparito, quasi per magia. La sua unica preoccupazione erano le elezioni. Il risultato è stato disastroso”. Quammen non vede una soluzione dietro l’angolo: “Il morbillo – osserva – non è mai scomparso e neppure questo virus scomparirà. Tra quarant’anni i bambini saranno vaccinati contro questo e altri coronavirus”. Il giornalista e saggista non ha dubbi sulla validità dei vaccini che, come ha detto, in altre occasioni, considera “la migliore difesa contro i nuovi virus”. Quanto alla possibilità che il Covid sia stato creato in laboratorio, Quammen spiega che “è ancora oggetto di controversia, ma la maggior parte degli scienziati ritiene che sia un virus naturale arrivato per spillover dagli animali”. Il rischio è che la lezione non sia servita e che gli stessi errori si ripetano sulla crisi climatica. “Siamo ciechi da 40 anni, è un fenomeno lento, subdolo, ancora più difficile da affrontare della pandemia. Servono leggi migliori, fare scelte precise per difendere il pianeta: quanti figli abbiamo, quanti viaggi aerei facciamo, quanta carne mangiamo, quante risorse sprechiamo”. Quemman, nato a Cincinnati nel 1948, ama il suo lavoro, è entusiasta della sua attività che lo porta a viaggiare nel mondo: “mi piace andare sul campo. Se parli di un virus che arriva da una caverna in Cina ci devi andare. Io ho acuto l’opportunità e il privilegio di andare dove era necessario”, dice. Un nuovo lavoro è già avviato: “Sto scrivendo un libro su Sars-Cov-2, il virus e la sua evoluzione. Arriverà tra due anni”.