Tvardovskij 50 anni dopo, poeta che pubblicò Solzenycin

(di Paolo Petroni) (ANSA) – ROMA, 16 DIC – Poeta molto amato in Russia a suo
tempo per i suoi poemi veristici ricchi di umori e note popolari
Aleksandr Trifonovic Tvardovskij, di cui il 18 dicembre cadono i
cinquanta anni dalla morte nel 1971, oggi forse lo si ricorda in
occidente soprattutto come il direttore negli anni Cinquanta e
poi di nuovo negli anni Sessanta della rivista ”Novi mir”
(Mondo nuovo) che si batté per la libertà artistica nell’Unione
Sovietica prima e dopo il XXII congresso del Pcus del 1960,
quello in cui Kruscev portò a fondo il suo attacco allo
stalinismo, arrivando a rinominare Stalingrado in Volgograd o a
rimuovere il corpo di Stalin dal mausoleo di Lenin.
    Tvardovskij fu così colui cui si deve la pubblicazione nel
1962 sulla rivista, che divenne improvvisamente
internazionalmente famosa, del romanzo ”Una giornata di Ivan
Denisovič” di Aleksandr Solzenicyn ispirato alla prigionia nei
gulag. Nato in un villaggio vicino a Smolensk nel 1910 e figlio
di un fabbro, a ventuno anni pubblicò una raccolta di versi
intitolata ”La via al socialismo” che cantavano il successo
della rivoluzione nelle campagne della Russia, divenendo però
subito famoso cinque anni dopo, nel 1931, col poemetto ”Il
paese di Muravija”, storia di ribellione sociale di freschezza
e gusto popolare di un contadino che per sfuggire
all’organizzazione dei kolkhoz (le fattorie collettive
sovietiche) si mette alla ricerca di un illusorio paese della
cuccagna. A questo, negli anni dopo il 1941 seguì l’uscita e poi
nel 1945 la pubblicazione in volume del poema ”Vasilij Terkin”
su un povero soldato qualunque, un tipico il tipico mugik
ironico e scansafatiche ma capace di eroismo alle prese con gli
ingranaggi e gli orrori della guerra che, grazie al suo stile
semplice e immediato, ebbe una grande diffusione popolare.
    E’ a questo personaggio che si legano le vicende di
Tvardovskij, diventato direttore di ”Novi mir” nel 1950 e
costretto a dimettersi nel 1954 dopo una serie di attacchi
ufficiali di Solochov e dell’Unione degli scrittori che
portarono alla condanna del Comitato centrale del Pcus, che
definì nociva la posizione della rivista e contraria al realismo
socialista. In realtà tutto questo arrivò dopo che il poeta
aveva nel 1953 fatto circolare nel nascente circuito dei
samizdat proprio il satirico ”Terkin all’altro mondo”, seguito
delle avventure del celebre personaggi perso nei meandri
dell’apparato burocratico sovietico e narrato con immediato,
irriverente e genuino gusto popolaresco. Tvardovskij, passata la
buriana e cambiate le direttive, tornò a dirigere la rivista nel
1958 (quando Kruscev diviene primo ministro), rimanendovi sino
al 1970, quando fu nuovamente costretto alle dimissioni su
pesanti pressioni politiche e ”Novi mir” tornò nei ranghi sino
agli anni ’80 con l’inizio della perestroika e la
liberalizzazione culturale.
    Del resto, a questo scrittore che Ripellino dice di non
essere mai riuscito ad amare ”nonostante un convincente
lirismo, un solido e onesto mestiere poetico…. perché non si
solleva da un grigio descrittivismo prolisso, da un tono ‘locale’, da una retorica popolaresca che fa spesso il verso a
quella di Nekrasov”, va riconosciuto di aver cercato di
lavorare per la libertà della letteratura. Nel 1953, sulla
rivista, scriveva che ”la sincerità è la base fondamentale
della somma dei doni che noi definiamo talento… La sua
mancanza non è necessariamente menzogna; l’assenza di sincerità
è affettazione, luogo comune, è scrivere a comando e non secondo
un impulso interiore”. E l’anno prima la rivista aveva
pubblicato ”Per la giusta causa” di Grossman, che riscritto
sarebbe poi diventato lo scandaloso ”Vita e destino”. Più
avanti, proprio dalla tribuna del XXII Congresso del 1960,
intervenne denunciando sempre ”la mancanza di profondità e di
verità” perché ”non sempre e non in tutto la nostra
letteratura ha seguito l’esempio di audacia, sincerità e
veridicità dimostrato dal partito”. E’ allora che Solzenicyn
porta il suo manoscritto ‘scottante’ a ”Novi mir”.
    ”Terkin all’altro mondo” venne pubblicato ufficialmente
solo nel 1963 e in quegli anni e i seguenti vedono Tvardovskij
scrivere versi in cui traspaiono i mutamenti del paese. Morirà a
Mosca appunto nel 1971, l’anno dopo le sue seconde dimissioni
da ”Novi mir”. (ANSA).