Greenland, disaster movie pre-Covid

Regola numero uno dei disaster movie: qualsiasi cosa stia per distruggere l’umanità non è mai peggio dell’umanità stessa quando è in pericolo. Questo almeno vale per Greenland, il film diretto da Ric Roman Waugh, in sala dall’8 ottobre con Universal Pictures e Lucky Red, che racconta appunto la storia di John Garrity (Gerard Butler) e della sua famiglia alle prese con un disastro naturale.
    Di scena la solita formula: sentimenti, famiglia e disastro che nel caso di Greenland prende la forma di un asteroide-cometa, soprannominato Clarke, che sta per passare molto vicino alla Terra. Una cometa per niente natalizia, ma davvero maledetta che ha una perfida caratteristica: quella di frantumarsi in mille pezzi che piovono sulla superficie del pianeta con effetti disastrosi. Ormai diverse città sono già state rase al suolo, ma l’impatto, quello vero e definitivo, deve ancora venire: un enorme frammento di Clarke che si sta dirigendo verso l’Europa provocherà la sicura estinzione dell’intera umanità.
    In questo clima di panico e confusione l’obiettivo di John sarà quello di portare in salvo sua moglie (l’attrice brasiliana Morena Baccarin) e suo figlio (Roger Dale Floyd) verso l’unico posto sicuro, degli hangar antiatomici collocati nell’Antartide, in una lotta contro il tempo e appunto gli altri uomini diretti verso lo stesso obiettivo.
    “Il film inizia come un semplice dramma familiare: una coppia in crisi che lotta per tornare insieme – dice Butler -. Il marito è appena tornato a casa, il figlio non capisce cosa stia accadendo, ma intuisce che c’è qualcosa di sinistro nell’aria. E poi sei subito catapultato in questo dramma travolgente su cui non hai alcun controllo e diventa solo lotta per la sopravvivenza di una famiglia. Alla fine tutto diventa un viaggio per salvare se stessi, un viaggio nell’amore e nella comprensione di ciò che è veramente importante nella vita”.
    “L’ironia è che abbiamo fatto questo film solo l’anno scorso – dice il regista – , quando non c’era né il Covid, né la situazione drammatica che c’è oggi nel mondo. Penso però che le circostanze della vita o della morte abbiano un modo tutto loro per mostrare ciò che è davvero importante nella vita. Costruiamo tutto un mondo artificiale di cose che crediamo importanti, mentre poi ci si accorge di cosa conta davvero per noi come il fatto, ad esempio, di non voler morire da soli”.