Dpcm, l’appello dal mondo del fast fitness: ‘Va cambiato’

“E’ necessario tornare sulle decisioni prese e modificare i DPCM attualmente in vigore”, è l’appello che viene dal mondo del fast fitness dopo le ultime decisioni del governo per arginare la pandemia. “Abbiamo lanciato la campagna con l’hashtag #nonchiamatelapalestra – dice Marco Campagnano, CEO e Founder di Fit and Go, realtà del fitness hi-tech – per evidenziare la diversità totale degli studi di personal training con EMS che, pur essendo assimilati a quello delle palestre a livello legale, non ha nulla a che vedere con simili impianti, né per struttura e dimensioni, né per numero di persone in co-presenza o per la possibilità di rispettare tutte le misure di sicurezza”. Ottanta centri in tutto il Paese e più di 500 i dipendenti al lavoro e una platea da quasi 200mila clienti annui. Il format è basato su allenamenti personali esclusivamente su appuntamento; macchinari ad alta tecnologia che permettono di allenarsi senza l’ausilio di attrezzatura condivisa; spazi ridotti con numero limitatissimo di presenti (mai più di 3 fra personal trainer e clienti); la possibilità di utilizzare spogliatoi singoli; le procedure di sanificazione continue. “Importante che non si faccia di tutta l’erba un fascio”, continua Campagnano, “e siano imposte le chiusure solo alle strutture che non possono realmente dare la garanzia del pieno rispetto delle misure anti-epidemia. Non colpiamo indiscriminatamente tutti gli operatori di un comparto già abbastanza in affanno e che nel 2019 in Italia vedeva più di 5 milioni di iscritti e un giro d’affari annuo di oltre 2,3 miliardi di euro”. Con il Coronavirus il mondo del fitness si è ritrovato a fronteggiare un crollo di fatturato che già in aprile, secondo i dati forniti dall’International Fitness Observatory, era stimato a circa un miliardo di euro con oltre 200 mila posti di lavoro a rischio, e da qui l’appello a non danneggiare anche quelle realtà che resistono con energia e che possono aderire a tutte le regole in atto adesso.