Covid, Primario: ‘Mezzanotte tra la ‘solitudine’ dei malati

Pochi minuti prima della mezzanotte l’ultimo ricovero, allo scoccare del nuovo anno due dita di prosecco mandate al paziente Covid più giovane e in grado di salutare il 2021 dal suo letto d’ospedale. Sono due dei momenti vissuti nella lunga notte di San Silvestro da Lucio Patoia, primario della Medicina, che comprende il reparto Covid, dell’ospedale “San Giovanni Battista” di Foligno.
    “Non è stata una notte come tutte le altre”, racconta all’ANSA Patoia fuori dalla struttura ospedaliera qualche minuto dopo aver concluso il suo turno. “È stata una notte particolare perché era l’ultima di un anno molto difficile, soprattutto per i pazienti e per i famigliari che hanno avuto dei lutti per questa malattia, ma anche per gli operatori sanitari”, sottolinea il primario. Che ha deciso di mettersi in turno per far rifiatare i colleghi che coordina. “Mi è sembrato normale farlo – spiega -, dopo tanti mesi di duro lavoro, non mi sembrava giusto che qualcuno di loro avesse dovuto lavorare sia a Natale che a Capodanno”.
    L’ultimo ricovero, che ha portato a 15 i degenti al momento presenti nel reparto Covid di Foligno, “ha toccato ancora una volta uno degli aspetti più brutti della malattia, la solitudine”, racconta il medico. Spiegando che in ospedale è arrivata una persona anziana che, seppur non in gravi condizioni, ha “accusato soprattutto il disagio di ritrovarsi sola in quello che le sta accadendo”.
    Il nuovo anno Patoia lo “identifica” soprattutto nel vaccino: “Ci rende molto fiduciosi, ma attenzione – avverte – La strada è ancora lunga e ci vorranno mesi per raggiungere la cosiddetta immunità di gregge e quindi sono vietate distrazioni, la guardia non va assolutamente abbassata”.
    Il primario evidenzia, inoltre, anche un altro aspetto, questa volta positivo, della pandemia. “Ci ha dato una conferma importante – dice -, avere un sistema sanitario nazionale come il nostro è una grandissima fortuna. Senza questo sistema sanitario – aggiunge – molte persone non si sarebbero potute curare e tanto meno ricoverare nelle terapie intensive. E molti non potrebbero nemmeno vaccinarsi”. “Tutto questo – sottolinea il medico – lo diamo per scontato, quando invece in molti altri Paesi scontato non è”. “L’emergenza sanitaria ci ha anche confermato che pure nella nostra Umbria il sistema sanitario ha funzionato e la risposta è stata buona a tutti i livelli”, conclude il primario.