Viceministro russo: non aspettiamo nulla di buono da Biden

(ANSA) – MOSCA, 23 DIC – La Russia non si aspetta “niente di
buono” dal futuro presidente degli Stati Uniti Joe Biden e crede
che la sua politica estera sarà guidata dalla “russofobia”. Lo
ha detto il viceministro degli Esteri, Sergei Riabkov. “Non ci
aspettiamo nulla di buono, questo è chiaro. Sarebbe strano
aspettarsi del bene da persone che hanno fondato la loro
carriera sulla russofobia, riversando fiele sul mio Paese”, ha
detto all’agenzia di stampa russa Interfax, dopo le nuove
tensioni tra i due Paesi intorno a un gigantesco attacco
informatico negli Stati Uniti attribuito a Mosca. (ANSA).
   

Primi passeggeri arrivati in Francia da Dover

(ANSA) – LONDRA, 23 DIC – Per la prima volta da domenica,
veicoli con passeggeri sono arrivati nel porto di Calais in
Francia da Dover nella notte tra martedì e mercoledì. Lo ha
constatato l’Afp dopo che nella notte il porto di Dover ha
riaperto, allentando un po’ il cordone sanitario che ha
circondato il Regno Unito in seguito alla scoperta di una nuova
variante del coronavirus. Rimorchi non accompagnati sono
arrivati ;;anche a bordo di un traghetto, la prima imbarcazione
a partire dopo la mezzanotte. La riapertura di Dover segue un
accordo per consentire a migliaia camionisti bloccati nel Regno
Unito di lasciare il Paese con un test rapido anti-Covid.
    (ANSA).
   

‘Cronache di una pandemia’ nel nuovo libro di Di Mauro

  Raccontare la prima ondata della pandemia di Covid con occhio giornalistico, cogliendo tutti gli aspetti che in quei giorni, emotivamente molto forti, ci erano sfuggiti. Questo il senso del lavoro ‘2020: Cronache di una pandemia’, che il direttore della storica testata ‘Il Risorgimento Nocerino’, Gigi Di Mauro, ha realizzato con il libro edito da Esseinfo distribuito da Amazon.
    “Ho voluto offrire ai lettori – dice il direttore Di Mauro – un colpo d’occhio completo sugli effetti che la fase1 ha avuto per l’economia, per il mondo del lavoro, per la scuola, ma anche per i rapporti umani e sociali, senza trascurare quelli sulla religione maggiormente diffusa in Italia”. Nel libro non mancano inoltre riferimenti a Mes e Recovery Fund, e un’analisi sull’operato del Governo italiano e della comunità europea.
    Due anni fa Gigi Di Mauro si era occupato con Angelo Verrillo dell’industria tessile campana con il libro ‘La tela degli svizzeri’ (Edizioni dell’Ippogrifo). 
   

La storia parallela di Mezzocielo e Simona Mafai

  La storia di una rivista di cultura, promossa e curata da un gruppo di donne impegnate, si sovrappone a quella di una figura femminile che ne ha tracciato la linea e i contenuti. La rivista è “Mezzocielo”, che si pubblica a Palermo da quasi trent’anni. La donna che l’ha ideata circondandosi da studiose, attrici, scrittrici e professioniste è Simona Mafai. Scomparsa a 91 anni nel 2019, ha diviso la sua vita tra la lunga militanza politica nel Pci (e poi nel Pd) e la partecipazione a un’attività culturale intensa ma discreta. Il filo che unisce le due dimensioni dell’impegno di una protagonista del dibattito pubblico a Palermo è tracciato da Egle Palazzolo, anche lei firma della rivista, nel libro “Simona e Mezzocielo” (Istituto poligrafico europeo, 112 pagine, 12 euro).
    Simona Mafai era figlia di Mario, famoso pittore romano degli anni Venti e Trenta, e di Antoinette Raphaël anche lei pittrice, scultrice e pianista. La sorella maggiore, Miriam, è stata una giornalista e presidente della Federazione nazionale della stampa. Simona Mafia è venuta a Palermo dopo avere sposato nel 1950 un esponente del Pci, Pancrazio De Pasquale, e lei stessa ha avuto nel partito una lunga carriera conclusa nel 1991 come capogruppo comunista al consiglio comunale. Proprio quell’anno fondò “Mezzocielo” con la fotoreporter Letizia Battaglia e altre donne che trovarono attorno alla rivista quello che Egle Palazzolo definisce un “protagonismo sociale”. Tanti i temi affrontati: dalla mafia ai diritti civili, al nuovo linguaggio della politica. Proprio nel suo ultimo intervento Simona Mafai rifletteva sulla battaglia delle parole. “È una battaglia – scriveva – per cui l’odio non serve. Occorre conoscenza, pazienza e sì, anche gentilezza: che può ben accompagnarsi con la più ferma opposizione”. 
   

Lagioia, capire inseguendo la ferocia

NICOLA LAGIOIA ”LA CITTA’ DEI VIVI” (EINAUD, pp. 462 – 22 euro). Nicola Lagioia torna alla ”ferocia”, che dava il titolo anche al romanzo con cui vinse il Premio Strega 2014, e ”Riportando tutto a casa”, come si intitola un suo romanzo del 2009 che ha sotterranei legami con questo. Come in quei due racconti c’è la ferocia, quella che esplode fuori, con la violenza, e quella psicologica, che fa parte della personalità e che si rivela magari in certi misteriosi cortocircuiti dei rapporti a due, in certi casi d’istintiva ribellione a una vita senza scopo e futuro che cerca di uscire, di salvarsi per un momento dall’annegare nel quotidiano, quello di tanti ragazzi d’oggi, di questo tempo sospeso.
    Qui conta anche lo sfondo, quello di una città allo sfascio, invasa dai topi e segnata da gesti gratuiti, come il buttar biciclette nuove nel Tevere, ma anche diventar feroci senza ragione, e per darcene conto l’autore inventa un personaggio esterno alla storia principale, un turista olandese a Roma in cerca di avventure gay , per cui affitta una stanza da un ristoratore: ”Li dentro lui non era più nessuno. Non esisteva un registro con sopra scritto il suo nome. Il più bel cesto per queste mele marce”.
    E’ in questi brevi racconti laterali che il libro acquista un suo senso minimo, aldilà della vicenda noir restituita nei minimi dettagli, con la maestria di chi sa come costruire una storia, dilatando a romanzo quel modo di ricostruire un fatto di molti cronisti di nera di una volta, capaci di colorire e far narrazione come oggi non si usa più. E poi c’è lo stesso scrittore che si confessa in prima persona, che spiega come di questa storia avesse paura, tentasse di tenersi lontano, avendo anche lui seppellito nel suo passato gravi gesti di violenza gratuita con cui temeva ora di trovarsi a fare i conti, come appunto accade. Del resto se il lettore è attratto e si immerge, proprio come l’autore, in una vicenda così dura, violenta, vera, ”insensata”, è proprio per il fascino che questa ha su di lui, col suo indagare il liberarsi degli istinti e della natura, arrivando a certe corde interiori di ognuno, sensibili alla morte nelle sue tinte più aspre e vitali.
    La storia, quella che viene raccontata minuziosamente fin dove è possibile, e però offrendo così tasselli per cercar di intuire anche quel che non è dicibile, è quella che ha riempito le pagine dei giornali nella primavera 2016, quando due giovani con risvolti omosessuali, Manuel Foffo e Marco Prato, di buona famiglia benestante, il primo figlio di un proprietario di ristoranti, il secondo di un noto manager culturale, un pomeriggio strafatti di coca e alcol uccidono, seviziandolo in modo crudelissimo per ore, un ragazzo che conoscono appena di estrazione popolare, figlio di un venditore ambulante di dolciumi, Luca Varani, vittima quasi causale. E qui nasce la domanda cruciale: non quella solita, passiva, ”sarebbe potuto accadere a me di essere vittima?”, ma quella attiva, che nessuno si fa mai e invece assilla Lagioia ”sarebbe potuto accadere a me di fare una cosa simile?” (”Bisognerebbe sapere molto del carnefice per capire che la distanza che ci separa da lui è minore di quanto crediamo”). L’abilità di scrittura e di far romanzo della materia raccolta, migliaia di documenti giornalistici e processuali, perizie, interviste, indagini, di renderli vivi all’interno del racconto e dell’indagine su quel che è accaduto, non serve per dar giudizi o cercare colpevoli, che sono sin troppo evidenti senza bisogno di enfatizzare nulla, ma per rendere una realtà inquietante in cui spesso uno non si rende conto di chi sia, o di chi stia diventando, chi ti sta vicino e a cuore e non ci sono moralmente e psicologicamente confini così netti tra colpevoli e innocenti, tra genitori e figli, tra famiglie e società. Non per caso protagonisti del racconto sono anche i genitori non meno dei loro figli.
    Tutto questo è tanto evidente nell’atteggiamento di Manuel e Marco che è come non capissero cosa hanno fatto, o meglio quel che gli è successo, e letteralmente chiedono una spiegazione agli altri, come non avessero più una scala di valori, un senso dell’io e della responsabilità personale. Sono due esemplari della mutazione di una città, di un mondo (in cui a dar un senso alla giornata è la coca, che crea movimento collegando tutto a tutti) in cui si sentono ”liquidi”, come avrebbe detto Baumann, oppressi e spaesati, hanno solo un desiderio di ribellione, di sfida astratta, non più incanalata ideologicamente come un tempo, ma che risente della virtualità che oggi è come si infiltrasse ovunque, contaminasse animi e azioni.
    E per l’autore (come per il lettore) le conclusioni su come accadano certe cose e come uno possa salvarsi non sono semplici: ”E’ la considerazione più complicata da mettere a fuoco: le mie risorse di allora, voglio dire, erano così scarse che non mi avrebbero consentito di uscire senza sregolatezze – e piuttosto pericolose – dal vicolo cieco in cui mi ero ficcato. Ci era voluto più di uno strappo violento per tirarsene fuori. Sono stato fortunato”. (ANSA).
   

Variante Gb: Dover riapre al transito in uscita

 Il porto britannico di Dover è stato riaperto al traffico in uscita in seguito all’accordo trovato tra Regno Unito e Francia che mette fine al divieto temporaneo imposto in seguito alla scoperta della nuova variante del coronavirus. In un comunicato, il principale hub britannico ha scritto che avrebbe riaperto dalla mezzanotte, anche se non è ancora chiaro quando le centinaia di camion e tir in attesa potranno cominciare a muoversi. La nota spiega anche che il porto sarà accessibile solo “per i clienti che sono risultati negativi al test Covid”.

Potranno tornare in Italia dalla Gran Bretagna solo i cittadini residenti in Italia o coloro che sono in condizioni di criticità e urgenza. Ma le misure per il rientro – secondo quanto si apprende – saranno ancora più strette, ovvero il tampone prima e dopo essere partiti e comunque sarà obbligatorio fare la quarantena di 14 giorni una volta atterrati in Italia. È quanto deciso nel corso di una riunione alla Farnesina, dopo una consultazione con i ministeri della Salute e dei Trasporti. Tali misure restrittive non riguarderanno le merci. La Francia introdurrà l’obbligo di un test PCR per tutti i francesi che intendono rientrare in patria dal Regno Unito: è quanto riferisce France Info citando fonti governative. Questo, precisa l’emittente pubblica transalpina, vale sia per i francesi residenti in Gran Bretagna sia per quelli che hanno semplicemente fatto un viaggio Oltremanica. Anche i britannici residenti in Francia in modo permanente potranno rientrare con l’obbligo di test. La misura riguarderebbe anche i lavoratori, autotrasportatori inclusi. Per le altre persone, in particolare, i cittadini Gb, le frontiere resteranno per il momento chiuse.

“I bandi ai voli e ai treni” dalla Gran Bretagna “dovrebbero terminare vista la necessità di assicurare i viaggi essenziali ed evitare interruzioni alla catena di approvvigionamento”: lo scrive la Commissione Ue nella raccomandazione appena adottata sull’approccio coordinato alle misure in risposta alla variante.

“A seguito del rapido aumento dei casi di Covid-19 in alcune parti dell’Inghilterra, di cui gran parte appartiene a una nuova variante del virus, la Commissione ha adottato una raccomandazione su un approccio coordinato alle misure di viaggio e trasporto”, si legge in una nota dell’esecutivo comunitario. “Sebbene sia importante adottare misure precauzionali temporanee rapide per limitare l’ulteriore diffusione del nuovo ceppo del virus e scoraggiare tutti i viaggi non essenziali da e verso il Regno Unito, dovrebbero essere agevolati i viaggi essenziali e il transito dei passeggeri”, si precisa nella nota.

   

Scoperti oltre 20 boss mafiosi con il reddito di cittadinanza

Oltre 20 boss condannati definitivamente per mafia o loro familiari avrebbero illegittimamente intascato il reddito di cittadinanza. Lo hanno scoperto i militari delle Fiamme Gialle del Nucleo di Polizia Economico di Messina che hanno denunciato 25 persone e sequestrato i 330mila euro complessivamente riscossi indebitamente dagli indagati. Il decreto di sequestro è stato emesso dal gip della città dello Stretto che ha accolto la richiesta della Procura guidata dal procuratore Maurizio de Lucia.

I mafiosi indagati fanno parte dei clan di maggiore peso di Messina e provincia come Santapaola-Romeo, Sparacio, Spartà, Galli, Batanesi-Bontempo Scavo, De Luca, Mangialupi, Camaro, Tortoriciani, Ventura, Ferrante e Cintorino. Il reddito di cittadinanza è riconosciuto ai nuclei familiari che, al momento della presentazione della domanda e per tutta la durata dell’erogazione del beneficio, siano in possesso dei requisiti di cittadinanza, residenza e soggiorno, reddituali e patrimoniali previsti dalla legge e che non siano stati condannati, nell’ultimo decennio, con sentenza passata in giudicato, per reati di mafia. I mafiosi finiti nel mirino della Finanza hanno invece riportato condanne per estorsione, usura, traffico di sostanze stupefacenti, voto di scambio, maltrattamento e organizzazione di competizioni non autorizzate di animali.

Terremoti: scossa di magnitudo 4.6 in Sicilia

Una forte scossa di terremoto – stimata dall’Ingv di magnitudo 4.6 – è stata avvertita questa sera, alle 21.27, nella Sicilia orientale. La terra ha tremato per una decina di secondi. Il sisma è stato nettamente avvertito nel Ragusano, nel Siracusano e nel Catanese. L’epicentro è stato localizzato a 15 chilometri da Acate, in provincia di Ragusa, ad una profondità di 16 chilometri. 

L’ipocentro del sisma, conferma l’Ingv sul proprio sito, è stato localizzato a 15 chilometri a sud di Acate, cioè in mare a pochi chilometri dalla costa. La profondità dell’evento è stimato invece in 30 chilometri.

Per la scossa di terremoto le sale operative dei vigili del fuoco hanno ricevuto finora solo chiamate per informazioni e nessuna richiesta di soccorso né segnalazioni di danni. E’ quanto scrivono i vigili del fuoco su Twitter. 
   

Charlotte Casiraghi nuova testimonial Chanel

Charlotte Casiraghi diventerà un ambasciatore e testimonial per la maison dal primo gennaio 2021. La principessa figlia di Caroline di Monaco incarnerà anche la campagna per la collezione Ready-to-Wear Primavera/Estate 2021 immaginata da Virginie Viard, fotografata a Monaco da Inez van Lamsweerde e Vinoodh Matadin. Charlotte Casiraghi è sempre stata fedele alla maison, partecipando a numerosi eventi e spettacoli Chanel e indossando regolarmente le sue creazioni.

Con una laurea in filosofia e una passione per la letteratura e la poesia, un’arte alla quale Karl Lagerfeld l’ha avviata in giovane età, la nuova ambasciatrice e portavoce di Chanel è presidente dei Rencontres philosophiques de Monaco, un’associazione da lei fondata nel 2015, la cui lo scopo è celebrare e promuovere la filosofia attraverso eventi mensili a tema dedicati alla riflessione, al confronto e alla trasmissione di idee. Inoltre Charlotte nutre una vera passione per i cavalli, ha preso parte a diverse gare di salto ostacoli, ed è anche la patrona della manifestazione internazionale delle gare di salto di Monte-Carlo.

Perpetuando l’amore per la letteratura di Gabrielle Chanel e Karl Lagerfeld, la maison Chanel, Virginie Viard e Charlotte Casiraghi sveleranno a breve un progetto intitolato Les Rendez-vous littéraires rue Cambon (appuntamento letterario in rue Cambon: per tutto il 2021 incontri a tema, da trasmettere sul sito web e sui social network di Chanel riuniranno scrittrici e attrici, in compagnia delle amiche della maison, per leggere, discutere e condividere la loro prospettiva unica sul proprio lavoro o su quello di altre figure letterarie storiche o contemporanee. Il primo di questi appuntamento avrà luogo martedì 26 gennaio nei saloni di rue Cambon.